Storia di un Bonsai (quella volta che in qualche modo sono finita su…Vogue?)

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Alejandro Jodorowsky aveva un bonsai che non voleva esser nano. Nonostante i tentativi di mantenerlo ben potato, i ricacci si espandevano con una tale energia che il suo magico proprietario, sconsolato, un bel giorno smise di costringerlo. E fuori dalle forbici dell’uomo, l’espansione fu così incredibile e rigogliosa che il bonsai si tramutò in un’estasi vegetale.

Nelle ultime settimane, una serie di eventi piuttosto quotidiani per chiunque non sia un bonsai, mi hanno costretta a pensare e a ripensare (e a ripensare e a ripensare) alle misure dei miei rami, della mia zona di comfort e del mio tappetino. Anche se nel tempo sono molto migliorata, ho sempre avuto la tendenza a voler tenere i miei volumi sotto stretta osservazione, sia con il mio corpo che con la mia esistenza – precisazione superflua questa, perché l’abbiamo detto cento volte che il nostro corpo dice tutto della nostra storia.

E se guardo alla mia storia tutta, in effetti, non vedo una persona sempre magra come ho provato ad essere fino a qualche anno fa, prima di concedermi di occupare anche io un po’ di spazio fisico su questo pianeta che ne ha per tutti. Vedo, piuttosto, un corpo come il bonsai di Jodorowsky, che tanto più ingrandisce quanto più viene costretto, un corpo che prima era grasso, poi d’improvviso magro, poi grassissimo e poi così magro da non sembrare neanche un corpo. Ora per fortuna, con tanta pazienza e santa psicoterapia, questo armistizio è stato siglato: ho deposto le forbici e ho capito che se evito di stringere troppo la cintura e investo le mie energie per essere più contenta, il mio corpo sa esattamente come deve comportarsi: oscilla con dolcezza e senza troppi rinculi.

Come dicevo, però, la storia del corpo è solo un simbolo, una perfetta riduzione in scala delle nostre tendenze esistenziali, e quest‘anno il 24 Ottobre è stato un compleanno veramente complicato, perché tanti pianeti beffardi si sono allineati per mostrarmi il mio Vero Tema.

Il mio Vero Tema è quello de “Le due Me in una”. La Me magra e la Me grassa, la Me studiosa e la Me danzante, la Me angelica e la Me furiosa. La Me donna e la Me uomo, la Me cristiana e la Me buddista, la Me a duemila e la Me a zero. Forse siamo tutti fatti così, ma per me – e mi riferisco in questo caso a quella “me” che è solo una proiezione, l’illusione di quando ci sentiamo tutti d’un pezzo – non è mai stato facile “integrare le parti”. E la vita può essere davvero impietosa o semplicemente straordinaria, a seconda di come la si guarda, perché più tenti di nasconderti dietro a un’etichetta credibile e coerente, più ti

accade davanti l’irresistibile caos del Tutto. Che è sempre il contrario di ciò che avevi previsto, immaginato, deciso per te stesso.

Di fronte all’abbondanza, si può sempre scegliere di potare. Questo sia chiaro.

Come dice Jodorowsky, “potare” può significare anche solo scrivere un libro che appartenga a un genere letterario preciso. E’ rassicurante, è noto, è compatto, è classificabile. Sai dove trovarlo fra gli scaffali della Feltrinelli. La Me-Catone-Il-Censore è capacissima di potare, non ha fatto altro per svariati anni e SA benissimo che, in fondo, “basta dire di no”, e tutto resta invariato.

Ma da qualche tempo a questa parte c’è Quell’Altra-Me che si prende sempre più spazio, quella che vuole vedere “cosa succede se”, quella che sente l’entusiasmo di provare, il brivido dell’errore e la voglia di scrivere un libro che sia tutti i libri insieme, tutti i generi in una volta. E’ possibile che nessuno abbia voglia di leggerlo, ma sono troppo affamata del piacere di scriverlo.

Qualche giorno fa, mentre decidevo se buttare letteralmente il cuore oltre l’ostacolo, ho deciso di iniziare a leggere l’ultimo – probabilmente brutto – libro confuso di Jodorowsky, e ho ricevuto un consiglio bello da Laura. Nel frattempo, aspettavo che un genitore, un Dio o uno dei miei fantasmi preferiti mi autorizzasse ad avventurarmi in un territorio che per un insegnante di Yoga è teoricamente ignoto, diverso, perfetto per gli aggettivi che cominciano per “in” e “anti”.

Esopo e tutti gli psicologi in fila mi direbbero che non ho bisogno di alcuna autorizzazione per provare le esperienze che desidero provare, che è questa la morale. Ma lo psicomago e il suo bonsai sono proprio diseducativi, e non mi hanno lasciata sola fra i miei dubbi e le mie preoccupazioni. Non ho davvero imparato a cercare dentro di me l’approvazione, e non sarò davvero serena quando vedrò la mia faccia riprodursi in luoghi non convenzionalmente yogici. Ma una cosa, forse, l’ho capita.

Potarsi è una scelta. Non si è costretti a farlo. Non è dovuto.

#yoga #bonsai #yogaitalia #jodorowsky #holymountain

 

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