Suspirian

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Quando dico “ovunque”, intendo “ovunque”, perché tutto è movimento e ogni movimento si può respirare.

Questo gesto, che ho visto di recente sul grande schermo del Cinema Mexico, mi ha fornito un’ispirazione inattesa qualche istante prima della lezione di questa sera. Ho avuto improvvisa memoria della bellezza di questa forma e della straordinaria profondità con cui il regista ha saputo costruire tutta una storia attorno a un semplice movimento che per qualche strana ragione abbiamo tutti portato dentro senza per questo portarlo necessariamente fuori. Tutti noi sappiamo compiere questo gesto. Ma quanti di noi l’hanno davvero compiuto? Quanti l’hanno respirato? Quanti hanno percepito il numero infinito di altri gesti e altri corpi nascosti in potenza dentro a questa forma?

Il buddismo ci direbbe che ogni gesto è KE e KU. E’ rispettivamente l’aspetto sostanziale di se stesso -ovvero ciò che vediamo, il modo in cui le ossa e i muscoli si organizzano per riprodurre una data forma in un dato momento- ed è l’aspetto non sostanziale di se stesso -e cioè l’insieme infinito di tutte le possibilità che si porta dentro e che sono lì in potenza. Dentro a questo movimento ci sono tutti i corpi che potrebbero compierlo, tutti i respiri che potrebbero respirarlo, tutte le danze che potrebbe generare, tutta la catena di conseguenze energetiche che potrebbe innescare.

Una sequenza qualsiasi, quella che è nata stasera dal mio rapporto con questa forma, è una sola delle infinite possibilità racchiuse in essa.

Il film di Luca Guadagnino io non so se lo consiglierei a un appassionato di cinema, ma senza dubbio lo consiglio a chi crede che il corpo sia lo specchio mistico del cosmo, e che il movimento sia la vita stessa. Il gesto attorno a cui si incardina tutta la coreografia di questa storia ha in sé una potenza straordinaria, che ho scoperto solo praticandolo e respirandolo. Non c’è modo di spiegare se non trascrivendo un fiume di sensazioni.

Divide la testa dal corpo, anzi, la riposiziona sulla spina dorsale; apre le ali, appesantisce il centro e prepara al volo; sposta il respiro nelle costole -lì dove l’aria si fa più rossa e calda. Le ginocchia si svegliano, rievocate dai gomiti piegati; la linea del bacino si allarga insieme alle clavicole; le anche si liberano. Può ruotare, può salire, può scendere. Accarezza le guance e appuntisce le orecchie; crea due antenne e incornicia il volto: c’è dell’allerta e c’è dell’autostima -quale mondo prevale dentro di noi? Le dita indicano la giugulare e attirano l’attenzione verso il luogo in cui siamo più fragili. Il respiro cambia se affondiamo gli indici nel collo?

Praticando scopro quello che il gesto può darmi; guardando gli altri praticare intuisco quello che noi possiamo dare al gesto. Questo secondo punto, però, è troppo complicato da afferrare -arriva per un attimo alla mia mente, e subito mi scappa di mano. Forse dovrei cercare la risposta nella parola buddista CHU: la Via di mezzo, la relazione, ciò che lega l’invisibile e il manifesto. Per ora non mi viene in mente niente, solo il respiro.

Sospiro.

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