I died a hundred times

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Sono le dieci di sera di un martedì qualsiasi, Amy è ancora viva nella mia cassa bluetooth di Ikea. Lei dice di essersi presa in giro da sola e di sentirsi un casino ambulante, io invece sono quieta, addomesticata, e ho una voglia di scrivere che mi fa dimenticare del ciclo e del sonno. A volte la mia esigenza di comunicare qualcosa è più forte del qualcosa stesso: non ho nulla di specifico da dire, ma tutto il corpo è predisposto all’espressione, si protende come un animale caloroso che sente il richiamo dell’amore. È una specie di prurito, un’anticipazione di quella pienezza che monta quando un pensiero qualunque diventa un piccolo racconto.

Scrivere è come intuire una crepa nel muro delle idee e trasformare quella crepa in una falda trascorrente che produce nuovi mondi – e mi viene in mente che anche l’India si è formata proprio così, come la crepa di un’idea che circa 80 milioni di anni fa è volata via dal Gondwana e si è scontrata con l‘Eurasia. Se il Kerala è così florido e rigoglioso lo dobbiamo proprio a questa idea pellegrina che non sapeva esattamente dove andare a parare.

Stasera io mi sento così: non so esattamente dove andare a parare, e mi verrebbe voglia di continuare a divagare, a seguire il mio pensiero che dal Kerala mi riporta al corpo umano, così simile al pianeta terra. Ci avete mai pensato alle suture che abbiamo in testa, a quanto somiglino a quel sistema di placche tettoniche e zolle-non-so-cosa che delimitano i continenti? Voglio capelli generosi e verdeggianti come la natura del Kerala.

E se chiedere questa chioma è chiedere troppo, almeno vorrei un contenuto in testa a cui dare una forma, visto che da giorni cerco una scusa per scrivere e non la trovo. L’ultimo tentativo fallito l’ho fatto da Verso mercoledì scorso. Ero così convinta che sarei riuscita a scrivere che ho persino scattato qualche foto da abbinare al testo – i divanetti color malva aggrappati alle mura di porta Ticinese. Adorabili.

Non credo che questi deserti occasionali riguardino solo la scrittura, il movimento, l’ispirazione in senso stretto. A pensarci bene ogni cosa dell’essere umano funziona come le acque carsiche, che ogni tanto si manifestano in superficie e sgorgano abbondanti – talora irrefrenabili – e altre volte si affievoliscono, si inabissano nel sottosuolo, spariscono insospettabilmente. Accade così con le passioni, con i sentimenti, con i desideri, con i propositi, con le voglie, con le amicizie, con i sogni, con gli amori, con le intenzioni, con le energie. Ogni tanto la vita si esprime in superficie, è evidente, ci rassicura con la sua presenza scoperta. Altre volte invece si ritira.

Ed è lì che si giocano il coraggio e la fede degli esseri umani. Avere fede significa sapere che le cose non esistono in noi solo quando attraversano l’emisfero del manifesto – proprio come la luna e le acque, ogni cosa è sempre presente, anche quando nasconde il suo volto. Adoro pensarci proprio mentre ascolto la voce di una giovane donna che canta per me da quel luogo in cui tutto è latente, lo stesso luogo in cui se ne vanno a finire ciclicamente la mia capacità di scrivere, di comporre movimenti, di sognare, amare, studiare.

Il luogo più temuto di tutti è quello che si prende la nostra ispirazione ogni tanto e che si prenderà la nostra vita una volta per tutte. Sembra cupo e spaventoso come una crepa fra le idee, come una falda di Sant’Andrea, come una poesia che non si compone. Come farò se domani la scrittura non ritorna, se mi perdo in quello spazio in cui le cose ci vengono portate via senza spiegazione? ”Farò la brava nonostante tutto”, direbbe Alanis Morissette – e capisco solo ora che “That I would be good” è una canzone che parla della morte.

Ho paura.

Eppure basterebbe pensare che tutto ritorna, perché il ritorno è la forma dei nostri tragitti. Basterebbe pensare che invisibile non significa assente, e che ogni notte, nell’abbraccio del sonno, siamo noi stessi i primi a finire nella crepa, e non è niente male. Basterebbe pensare al ciclo del grano, a Persefone che scende negli abissi per il tempo necessario e poi rinasce in una spiga biondissima e croccante.

#amywhinehouse #backtoblack #spiritualjourney #ispirazione

 

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